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su Daniele Morganti

La tecnica dell’Ashtanga Yoga

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Il Vinyasa significa sistema di respirazione e movimento: per ciascun movimento è assegnato uno specifico respiro. Gradualmente, attraverso la pratica quotidiana, l’attenzione dovrebbe essere rivolta a raggiungere una perfetta unione tra respiro e movimento. Mentre ci si muove attraverso il vinyasa si crea, come detto in precedenza, un calore profondo che brucia le impurità del corpo, della mente e dei sensi. Focalizzarsi al giusto conteggio del vinyasa sviluppa la concentrazione e il non attaccamento. Tramite questo aspetto la pratica è aiutata a sfociare gradualmente in uno stato meditativo.

Tristhāna significa l’unione di tre punti di attenzione che nell’Ashtanga Yoga sono: le āsana, il respiro e la dṛṣṭi. Durante la pratica, l’allievo cerca di riportare continuamente la sua attenzione su questi tre punti focali.

Gli Asana sono le posture dello Yoga. Una pratica quotidiana tramite gli asana aiuta ad ottenere una certa padronanza di sé. Nell’Ashtanga Yoga prima di praticare una postura è necessario padroneggiare o possedere la tecnica perfetta di quella precedente nella sequenza. Questo modo di apprendimento garantisce lo sviluppo di forza, stabilità e salute a tutti i livelli: corporea, energetica e mentale. Questa è la disciplina. Tutti gli asana sono connessi l’uno all’altro in una sequenza ben precisa all’interno della quale l’allievo si muove. Voler praticare troppi asana quando non si è pronti indebolisce l’organismo.

Il Respiro. Anche la respirazione durante la pratica ha un ruolo nella purificazione, soprattutto per quanto riguarda il sistema nervoso. L’inspiro e l’espiro, o pūraka e recaka, dovrebbero essere di uguale durata e intensità, rimanendo calmi e regolari. Adottando un ritmo respiratorio ben preciso durante la pratica il movimento di ogni vinyasa dovrebbe adattarsi alla durata del suo respiro corrispondente. Il respiro nell’Ashtanga Yoga viene fatto attraverso il naso con un leggero sibilo nella parte posteriore della gola. Il suono dovrebbe essere come le onde che si infrangono su una spiaggia lontana. Per arrivare a produrre questo suono è sufficiente socchiudere leggermente la glottide. Quando si respira nella pratica, si mantiene la mandibola e il palato morbidi e rilassati con la punta della lingua che poggia sul retro degli incisivi superiori. E’ importante rendere le inalazioni della stessa durata delle esalazioni. In nessun momento della pratica c’è la trattenuta del respiro, né a polmoni pieni, né a polmoni vuoti.

La Drsti è la focalizzazione dello sguardo verso un punto preciso. Ogni asana ha un punto specifico in cui lo sguardo viene orientato, ogni asana ha la sua drsti. Con questo ulteriore aspetto della tecnica nutriamo la concentrazione durante la pratica e purifichiamo la nostra mente. Ci sono nove differenti tipi di drsti: nasagre o punta del naso, urdhve o verso il cielo, brumadhye o terzo occhio, parsvayoh o verso destra o sinistra, nabhou o ombelico, hastagre o la punta del dito medio, angusthagre o punta del pollice, padagre o punta dell’alluce. La concentrazione che sviluppiamo durante la pratica grazie a questa tecnica sarà una qualità che potremo ritrovarci nella vita di tutti i giorni. Oltre al tristhāna chi vuole praticare Ashtanga Yoga ha bisogno di conoscere ciò che riguarda i bandha. Infatti la respirazione e le posture possono non risultare efficaci a meno che non si utilizzino i bandha. Questi sono delle attivazioni o contrazioni di specifiche zone corporee che corrispondono a delle serrature energetiche. Queste attivazioni vengono mantenute per tutta la durata della pratica. In Ashtanga Yoga usiamo due dei più conosciuti bandha: mula bandha e uddiyana bandha. 

Il Mūla Bandha: è la serratura o blocco della radice. Semplificando, mūla bandha viene attivato contraendo l’ano. Quando si attiva mūla bandha dovremmo essere in grado di sentire una sorta di contrazione tra i genitali e l’ano con il coccige che viene tirato leggermente in basso. Questa contrazione tende a distendere alla parte inferiore della schiena e aiutandola a stabilizzarsi.

Uḍḍīyāna Bandha: significa volare verso l’alto. Permette di sollevare l’energia che mūla bandha ha sigillato nel corpo. A differenza dell’uddiyana bandha completo che utilizziamo nelle tecniche di pranayama, in questo caso l’attivazione da tenere in Ashtanga Yoga è più sottile. Infatti invece di portare l’addome completamente verso l’interno, dobbiamo semplicemente mantenere uno stato di lieve contrazione nella zona situata tre dita sotto l’ombelico. Ciò permetterà al diaframma di scendere durante l’inspirazione in modo che i polmoni si espandano verso i lati delle costole, verso la schiena e verso il torace. La parte superiore del dorso deve rimanere morbida e pieghevole in modo da raggiungere la massima espansione.

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